Ho sentito dire ad alcune donne con la mia stessa malattia che hanno paura di uscire di casa. Temono di stare male mentre sono da qualche parte, per strada o al supermercato. Sono donne che hanno spesso dolori e che sanno che ogni volta che questi terminano non si può sapere con certezza quando torneranno.
Condividevo la stessa paura. Anni di psicoterapia mi hanno permesso di capire che non posso e non voglio rinunciare alla vita, a tutte le possibilità che mi offre solo perché potrei stare male. Ma comprendo molto bene queste donne e non le biasimo, io stessa ho provato sulla mia pelle il terrore atroce che questa malattia (e certamente molte altre) ti lasciano addosso. Non riesci a rimanere da sola perché se dovessi stare male non sapresti come uscire da una situazione in cui l’unica persona su cui puoi contare è piegata in due dal dolore.
Ma una strada affollata non è forse proprio il posto in cui vorresti trovarti in quel momento? Confido nelle persone, non ingenuamente, ma profondamente, come se vedessi qualcosa che accomuna la maggior parte di noi. Sono giunta, non senza molta sofferenza e continue riflessioni, ma anche con qualche aiuto,alla conclusione che noi tutti soffriamo e quello che più desideriamo dalla vita è essere felici, sentendoci amati. Ecco perché riconosciamo la sofferenza quando la vediamo, chi più chi meno, alcune forme con più facilità di altre. Ma il dolore fisico è forse la sofferenza più evidentemente espressa, quindi immediatamente riconoscibile.
Chiamatemi stupida, ma ho smesso di avere paura di stare male quando sono in giro, perché so che qualcuno mi aiuterà. Una soluzione si trova sempre, così come ci sarà sempre una persona che si fermerà. Quegli stupidi esperimenti sociali in cui la gente non si ferma vedendo un ferito a terra non tengono conto della paura delle persone, di essere derubate o imbrogliate, del loro imbarazzo, della società in generale che plasma le nostre menti alla diffidenza. Ma a me non importa delle nove persone che non si fermeranno, a me interessa la decima. C’è sempre qualcuno che si ferma, qualcuno che ti aiuterà.
Ma sono sola perché l’unica persona con cui condivido ogni secondo della mia vita sono io e molto tempo fa ho deciso che valeva la pena conoscere questa persona, dandole fiducia e il mio completo appoggio. Grazie alla psicoterapia mi sono conosciuta a fondo, ho passato molto tempo da sola, ho fatto amicizia con me stessa, ho scoperto le mie debolezze e i miei punti di forza.
Credo che non abbia senso stare male con sé stessi perché ci portiamo ovunque. Non ha senso stare bene solo a casa perché sono solo quattro pareti che nulla possono contro la nostra malattia, né contro qualsiasi altro nemico, vero o presunto che sia. La casa è solo un concetto che ci fa sentire al sicuro, ma dovremmo sentirci tranquilli sempre, dovunque andiamo, altrimenti che vita stiamo vivendo? Sempre impauriti, magari ansiosi, agitati, guardinghi, tesi. E quella tensione non si potrebbe forse ripercuotere sulla nostra salute? Non potrebbe andare a tendere anche la zona addominale, da dove provengono la maggior parte dei dolori fisici in questa malattia?
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